L’idioma analitico di John Wilkins (metadati 5)

Jorge Luis Borges, da bravo bibliotecario, si è molto occupato di metadati.

Comiciamo con una citazione:

Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un’enciclopedia cinese che s’intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in:

(a) appartenenti all’Imperatore,
(b) imbalsamati,
(c) ammaestrati
(d) lattonzoli,
(e) sirene,
(f) favolosi,
(g) cani randagi,
(h) inclusi in questa classificazione
(i) che s’agitano come pazzi,
(j) innumerevoli,
(k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello,
(l) eccetera,
(m) che hanno rotto il vaso,
(n) che da lontano sembrano mosche.

[Jorge Luis Borges. Tutte le opere. Volume I. Milano: Mondadori. 1984. p. 1004-1005. Il saggio è intitolato “L’idioma analitico di John Wilkins” ed è contenuto nella raccolta Altre inquisizioni, originariamente pubblicata nel 1952].

Il bersaglio di Borges sono le classificazioni: quella cervellotica del libro cinese (tanto cervellotica che stentiamo a credere sia vera), il sistema decimale Dewey universalmente adottato nelle biblioteche di tutto il mondo e il linguaggio filosofico di Wilkins (che era una persona stimabilissima, fondatore della Royal Society, ispiratore di un analogo progetto di Leibniz: Wilkins è uno dei personaggi del Ciclo barocco di Neal Stephenson, di cui ho parlato in altre occasioni).

Ma la ragione per cui ogni tentativo di classificazione universale è destinato al fallimento non è quello ipotizzato da Borges (“notoriamente, non c’è classificazione dell’universo che non sia arbitraria e congetturale. La ragione è molto semplice: non sappiamo che cosa è l’universo”). La classificazione non è per mettere ordine all’universo, è per mettere ordine alle nostre idee. Ciò che rende ridicola la classificazione cinese è la sua inutilità: a che cosa può servire una classificazione così disomogenea? e in cui le classi sono così diversamente popolate? Ciò che rende imbarazzante oggi la classificazione di Wilkins e il sistema decimale Dewey è che la nostra cultura, le nostre conoscenze e le nostre sensibilità oggi organizzano il sapere diversamente.

Classificare non è uno sforzo inane, ma un’attività continua, dai risultati necessariamente provvisori.

6 Risposte to “L’idioma analitico di John Wilkins (metadati 5)”

  1. Ma dove passa il confine? (metadati 6) « Sbagliando s’impera Says:

    […] perché questo episodio curioso ci permette di riprendere la riflessione che stavamo facendo sulle classificazioni: La classificazione non è per mettere ordine all’universo, è per mettere ordine alle nostre […]

  2. gli animali si dividono in … « il blog di Carlo Says:

    […] NB: riporto la citazione da foucault, altra versione da boris […]

  3. Neal Stephenson – Reamde « Sbagliando s’impera Says:

    […] Ha già parlato di Neal Stephenson, a proposito del suo precedente romanzo, in questo blog (qui e qui; e ne ho parlato anche a proposito di Spook Country di William Gibson e di John Wilkins). […]

  4. Rugarli, Bachtin e i metadati (7) « Sbagliando s’impera Says:

    […] sul tema dei metadati (per le altre puntate seguite i link: prima, seconda, terza, quarta, quinta e sesta). wikipedia.org «La scoperta di Bachtin» Stanish tenne cattedra, «sta nell’aver […]

  5. Il maiale, la scolastica e i metadati (8) « Sbagliando s'impera Says:

    […] una lacunosa riflessione. Le precedenti puntate le trovate qui: ink: prima, seconda, terza, quarta, quinta, sesta e […]

  6. Philip Ball – Curiosity: How Science Became Interested in Everything | Sbagliando s'impera Says:

    […] ormai nella prima metà del XVII secolo e incontriamo il nostro vecchio amico John Wilkins e il suo club oxfordiano, culla della Royal Society insieme al londinese Gresham College. Eccoci a […]


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